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BORGOSESIA 19-08-2024 Care amiche e cari amici,

ero in treno, stavo tornando da una presentazione in Abruzzo. Non ricordo dove, è salita una famigliola di lingua tedesca. Una coppia di giovani, belli, sorridenti, gentili, con due bambini, uno di una decina d’anni, l’altro più piccolo, sorridenti anche loro, interessati allo scorrere della vita, piacevolmente chiacchieroni. Una volta preso posto, ognuno si è immerso in una lettura: un rotocalco, un album da colorare, un fumetto. Il padre leggeva un libro e lo faceva con una soddisfazione che ho invidiato. Ogni tanto s’illuminava. Sbircio titolo e autrice: Die Bagage di Monika Helfer. Ci metto un po’, armeggiando su Google, a scoprire che c’è una (bella) traduzione in italiano di questo che è forse il più acclamato romanzo della scrittrice austriaca. La traduzione si intitola I Moosbrugger ed è pubblicata da Keller. Acquisto il libro, lo leggo, è magnifico.

Sceglietele anche così le vostre letture, per caso, fidandovi del sorriso soddisfatto di uno sconosciuto che sta leggendo, in un’altra lingua, di fronte a voi.

È un buon modo per sfuggire alla noia saccente dell’intelligenza artificiale.

Negli ultimi tempi ho voluto provare prima ChatGPT, poi Gemini, arrivato a Perplexity ero già stufo. Mi sembrava di avere a che fare con due miei vecchi zii, esistiti davvero, uno zio e la moglie, a volte un po’ barbosi, sempre informati su tutto, sicuri di quello che dicevano, certi della via da seguire. Non dico che l’intelligenza artificiale non sia utile - anche i miei zii a modo loro lo erano - dico solo che a volte è più interessante restare un po’ stupidi. E all’occorrenza stupiti. E poi gli zii, a differenza dell’intelligenza artificiale, con poco diventavano umani, a volte era sufficiente un pensiero gentile, un mazzo di fiori, un bicchiere di vino.

 

In questi mesi ho letto molto, scegliendo le letture attraverso amici, consigli, incontri, occasioni, curiosità, recensioni, inciampi e incomprensioni. Mi sono detto che un romanzo di Georges Simenon, non necessariamente un Maigret, ogni tanto fa bene, ce ne sono tantissimi in giro. Mi avevano parlato di Pedigree e invece, proprio perché a volte prendo fischi per fiaschi, mi sono ritrovato sulle coste della Bretagna con un sapore di famiglie che mi restava in bocca mentre leggevo Le signorine di Concarneau. Grande lettura, comunque.

Poi ho dovuto vincere la diffidenza che ho verso tutto quello che attiene allo sport per tuffarmi tra le pagine di Cavallo Indiano di Richard Wagamese, uno dei pochi scrittori di origine pellerossa, un romanzo che ti strizza lo stomaco, che fa male, ma dal quale non puoi sfuggire, nemmeno se non lo leggi.

Così come fa male trovare la notizia della morte di una scrittrice che ami, Alice Munro, e subito dopo scoprire le rivelazioni sulla sua vita privata che fanno quasi più male. Ma tu lo sai, l’ha imparato a suo tempo, l’hai letto in Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline che l’autore, la vita dell’autore, non c’entra nulla con la sua scrittura. Poco ti importa di cosa ha fatto e tanto invece di come ha scritto. E soprattutto che di nessun cuore conosciamo abbastanza il pulsare per darne un giudizio. Nemmeno del nostro. Nemmeno di me. Qualcosa di questo lo si impara ne Le regole dello Shangai di Erri De Luca, così lontano dallo scrittore di Tu mio e Non ora non qui, ma ancora capace di condurti per mano con la maestria del costruttore di pagine.

Quindi ho incontrato Ron Rash, nemmeno ricordo il motivo per cui l’ho preso in mano. Prima Il custode, semplicemente meraviglioso, quindi Un piede in paradiso, comunque potente, con quella scrittura avvolgente del sud degli Stati Uniti, infine Una folle passione… Pensavo proprio che non sarei riuscito a smettere.

Mi ha tolto da questo circolo splendidamente vizioso L’invenzione di Eva, un romanzo che fa di Alessandro Barbaglia, lo scrittore italiano tra i più amati dal mio cuore di lettore.

A seguire sono tornato in Irlanda con Un’estate di Claire Keegan le cui storie sono sempre dei veri e propri cioccolatini per l’anima.

Infine, dopo la morte di mia madre, mi è stato regalato La promessa dell’alba di Romain Gary: “mamma, ancora tu”. Che altro aggiungere?

 

Tra poche settimane sarò di nuovo in giro a parlare di Dove dormi la notte, il mio racconto di Resistenza, pesca e socialismo. Il protagonista, Giovanni Battista Stucchi, è stato a lungo in Svizzera, soprattutto a Lugano, come incaricato ai rapporti militari con i servizi segreti americani e inglesi. Motivo per cui il 5 settembre alle 18,30 sarò a parlare del libro assieme a Mario Casella alla Filanda di Mendrisio, nel Canton Ticino.

Il giorno dopo, il 6 settembre, con lo stesso libro sarò alla Casa della Resistenza a Fondotoce (Verbania), il 7 a Varallo Sesia, il 10 a Milano, il 12 in Romagna a Savignano sul Rubicone, il 28 a Letteraltura, il 5 ottobre a BookPride a Genova, eccetera, eccetera.

In particolare il 27 ottobre al Premio Stresa, sul lago Maggiore, a Dove dormi la notte verrà consegnata la targa intitolata a Gianfranco Lazzaro, fondatore e primo vincitore del premio e per molti anni presidente della Giuria dei Critici.

 

Parliamo del tempo, delle aspettative, dei desideri, della fretta e delle attese. Il mio sito annunciato come imminente alla fine di aprile - ricordate? - non è ancora pronto. È il segno che quando si sa che cosa si desidera il tempo diventa relativo.

Anzi, il tempo relativo un po’ lo è sempre, questa newsletter dovevo scriverla ogni due mesi e ne sono passati quattro. Ho un libro scritto nel 2019 che uscirà nel 2025. Un’altro finito nel 2014 e ancora perso per le vie del mondo in c

erca di un editore.

La relatività del tempo è forse l’unica cosa che riuscirà a salvarci dalla paura, dall’attesa, dal rischio di fallire…

Lo dico pensando ai tanti - adesso sono tanti - scrittori e aspiranti scrittori, che sto seguendo, che cerco di sostenere, di spingere, di aiutare con i miei percorsi di editing e soprattutto di writing coaching. La meta non è pubblicare, è scrivere. Esattamente come nella vita: è più interessante vivere che arrivare in fondo.

 

Sono a Dublino a lavorare a un nuovo romanzo e a sorridere all’estate. Spero capiti qualcosa di simile anche a voi. È un augurio.

 

Michele Marziani

 

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