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PIANCAVALLO- 29-09-2024-- Torniamo al Monte Zeda dopo quasi dieci anni, lungo il percorso più breve e più semplice, sfruttando il più possibile le strade sterrate della Linea Cadorna. Con auto adatte e autisti capaci, tranne che a posteggiare, riusciamo a piazzare il campo base a Passo Folungo, risparmiando qualche chilometro di cammino, sia pure pianeggiante.

GITA N. 164 O 24 – MONTE ZEDA

SETTEMBRE 2024

Dislivello: 800 m. Tempo totale: 4 h 30’. Sviluppo: 10,2 km.

Il Monte Zeda, certamente la cima più gettonata, oltreché più alta, del Verbano merita il lungo viaggio dall’Ossola per i suoi panorami stupendi. Dopo Piancavallo proseguiamo per Colle e qui ci aspettano altri otto chilometri di strada sterrata da percorrere a 10 chilometri all’ora. In definitiva viaggio di due ore all’andata e due al ritorno. Tutto ciò non scoraggia le quattro inossidabili badanti, un ex alpinista acciaccato in attesa di revisione e di scuola guida per parcheggiare, un grande della montagna , anche lui in fase di manutenzione, e tre anziani. Dei medici di servizio neppure l’ombra, anche oggi. Pochi sprazzi di sole e un vento freddo da settentrione, che almeno tiene lontana la pioggia, ci accompagneranno per tutta la giornata.

Dopo il gran caldo di agosto, settembre ci ha un po’ rinfrescati, ma oggi, con l’aiuto del vento, la frescura è un po’ esagerata. Nove gradi a 1300 metri ci possono anche stare, ma il forte e freddo vento del nord ci fa sentire vicini allo zero termico. Parcheggiamo faticosamente a Passo Folungo, 1369. Dopo la traumatica uscita dalle auto, la prima cosa da fare è indossare guanti e berretti, poi gli scarponi. Una ferrea badante in calzoni corti ci fa sentire ancora di più il freddo.

Anziché imboccare la strada Cadorna, che allungherebbe i tempi, ci teniamo a destra lungo il sentiero R19, ben segnato, che, sempre più ripido, ci riporta ad un tornante della strada stessa circa duecentocinquanta metri più in alto. Lungo questa, in dolce pendenza, arriviamo al Rifugio Pian Vadà, 1711. Il Rifugio, così chiamato erroneamente in quanto non ci si può “rifugiare”, è chiuso, more italico. Si possono richiedere le chiavi all'Ente Parco Valgrande, previa programmazione. Per le emergenze c'è un piccolo locale invernale, sempre aperto. 

Il bivacco si trova dove nel giugno 1944 il rifugio del CAI Verbano, inaugurato nel 1889, era stato distrutto dai bombardamenti. Proseguiamo sul largo sentiero, adesso R20, ben segnato, in leggera salita e, sempre diretti a occidente, raggiungiamo Piè di Zeda, 1829. Qui arriva, da nord, il sentiero S19 che sale da Falmenta, val Cannobina, e qui inizia l’ultimo tratto di vera salita che ci porta, in ordine sparso, ai 2156 metri del Monte Zeda. Camminiamo da due ore e mezza.

Il panorama stupendo sui laghi, da quello di Varese al Lago d’Orta, e sui Quattromila, nonostante le nuvole, ci fa prolungare la sosta in vetta nei pressi della grande croce di ferro. Il freddo crea qualche difficoltà a chi pensava fosse ancora estate e a chi tenta di scrivere due parole sul libro di vetta con le mani semiassiderate. Scendiamo per il pranzo al Rifugio di Pian Vadà, al riparo dal vento e con qualche sprazzo di sole.

L’anziano acciaccato ed esperto posteggiatore trova ancora l’energia per rivolgere italici complimenti ad una ragazza tedesca, salita con noi da Piè di Zeda dopo il pernottamento, insieme ad un amico divertito, al bivacco dell’Alpe Fornà sul versante cannobino. Riprendiamo la discesa lungo la comoda strada, tagliando soltanto l’ultimo tornante grazie ad un sentierino che si ricongiunge con quello ripidissimo del mattino già in prossimità di Passo Folungo, che raggiungiamo dopo due ore dalla vetta.

 Gianpaolo Fabbri

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