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cota roberto

La necessità di riforma della giustizia non riguarda soltanto i grandi temi oggetto di attenzione mediatica come, ad esempio, quello della separazione delle carriere, piuttosto che dell’abuso della custodia cautelare o delle intercettazioni; ci sono diverse norme all’interno dei nostri codici che necessitano di interventi immediati, in quanto ambigue e foriere di applicazioni, formalmente corrette, ma che raggiungono effetti paradossali.

Prendiamo ad esempio quello che è successo nel procedimento relativo alla tragedia del Mottarone. Il problema sta nella formulazione dell’articolo 423 del codice di procedura penale -che disciplina le modalità di svolgimento dell’udienza preliminare- e, segnatamente, del comma 1-bis introdotto dalla riforma Cartabia che recita “se il giudice rileva che il fatto e le circostanze aggravanti non sono indicati nell’imputazione in termini corrispondenti a quanto emerge dagli atti o che la definizione giuridica non è corretta, il giudice invita il pubblico ministero ad operare le necessarie modificazioni. Se la difformità indicata permane, sentite le parti, il giudice dispone con un’ordinanza, anche d’ufficio, la restituzione degli atti al pubblico ministero“.

Nel caso che ci occupa, il giudice non era d’accordo sulla configurazione di una circostanza aggravante ed il pm non si è adeguato a questo orientamento. Risultato: tutto da rifare. Con comprensibile stupore da parte pubblica e delle famiglie delle vittime. La colpa è del magistrato? In questo caso no, è la legge ad essere scritta male. Bisogna modificarla, stabilendo che in caso di rinvio a giudizio -o di rito alternativo- sia il giudice dell’udienza preliminare a decidere come debba essere qualificato il fatto reato, ovviamente senza la possibilità di contestazioni a sorpresa. Una piccola riforma da fare subito.

Buona domenica e buona settimana.

Roberto Cota


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