ITALIA- 20-10-2024-- Abbiamo assistito da ieri (e siamo sicuri anche oggi e nei giorni a seguire) a feroci polemiche sulla decisione del settore immigrazione del Tribunale di Roma che non ha convalidato il trattenimento dei sedici migranti portati in Albania, che quindi sono stati riportati in Italia.
L’Italia ha stipulato un accordo con l’Albania per la costruzione di una struttura in quella nazione dove portare i migranti in attesa di essere rimpatriati nel loro Paese di origine. Tali migranti sono quelli che non potrebbero usufruire dello status di rifugiato.
Per provare a comprendere la questione, è inevitabile qualche riferimento normativo.
Per riconoscere lo status di rifugiato, quest’ultimo deve essere vittima, nel suo paese di origine, di atti di persecuzione. Lo prevede l’art. 7 del D. Lgs. 251/2007. Gli atti di persecuzione devono essere sufficientemente gravi, per loro natura o frequenza, da rappresentare una violazione grave dei diritti umani fondamentali (violenza fisica, psichica, discriminazione, persecuzione giudiziaria).
Una Direttiva dell’Unione europea (2005/85/CE) ha indicato quali siano le procedure minime, per ogni Stato membro, per riconoscere o revocare lo status di rifugiato. Nel rispetto di questa Direttiva, in Italia l’art. 2-bis del D. Lgs. 25/2008 prevede che con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell'interno e della giustizia, è adottato l'elenco dei Paesi di origine sicuri. L'elenco dei Paesi di origine sicuri è aggiornato periodicamente ed è notificato alla Commissione europea. Un Paese è considerato di origine sicura quando non compie atti di persecuzione nei confronti dei propri cittadini. Ovviamente vengono compilate delle schede tecniche importanti per qualificare un Paese come sicuro.
Nel rispetto, quindi, dell’art. 2-bis del D. Lgs. 25/2008, il 7 maggio 2024 il Ministero degli esteri ha pubblicato l’elenco dei Paesi di origine sicuri (in Gazzetta Ufficiale n. 105). Questo è l’elenco: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d'Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Peru', Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia. In pratica, i migranti che provengono da questi Paesi ritenuti sicuri, dovranno essere rimpatriati.
Dei sedici migranti portati in Albania, dieci sono del Bangladesh e sei dell’Egitto. Appartenendo a Paesi sicuri secondo il Decreto del 7 maggio 2024, dovrebbero essere rimpatriati nel loro Paese di origine.
Il Tribunale di Roma, però, non ha convalidato il provvedimento di trattenimento affermando che è impossibile definire come ‘sicuri’ il Bangladesh e l’Egitto a seguito di una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 4 ottobre 2024 (causa C‑406/22). La Corte di Giustizia UE ha stabilito che non si può considerare ‘sicuro’ un Paese se alcune parti del suo territorio non soddisfano i criteri dell’assenza della persecuzione. Quindi, per il Tribunale di Roma, siccome non si può avere assoluta certezza che il Bangladesh e l’Egitto non attuino discriminazioni nel loro Paese o in alcune parti del loro territorio, è impossibile definirli Paesi sicuri e i migranti non devono essere rimpatriati, ma trattenuti in Italia.
Lo scontro che ne è derivato tra Governo e magistratura è di tutta evidenza. Da un lato il Governo rivendica il diritto di individuare, secondo il D. Lgs. 25/2008 quali siano i paesi sicuri con decisione che è strettamente politica; dall’altro la magistratura che invece per convalidare un trattenimento vuole prove certe che i Paesi di provenienza dei migranti siano effettivamente sicuri per concedere il rimpatrio.
Domani dovrebbe riunirsi un Consiglio dei ministri d’urgenza per l’approvazione, probabilmente, di un decreto-legge che restituisca al Governo il potere di individuare i Paesi sicuri senza valutazioni interpretative discordanti con la magistratura.