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DRUOGNO- 15-12-2024-- Un’immersione nella grande bellezza dal paesino di Sagrogno alla vetta del Monte Mater con i suoi panorami incredibili. Ed anche una gita di grande soddisfazione, consigliata a chi è allenato per l’elevato rapporto fra dislivello e sviluppo (oltre mille metri su uno sviluppo inferiore ai sette chilometri). Come diciamo in gergo, “non molla mai”. La vetta, poi, è di quelle che ingannano perché sembra sempre di vederla, ma si tratta di un’anticima e così via. Dura la vita per quelli degli anni quaranta!

GITA N. 172 O 24 – MONTE MATER

DICEMBRE 2024

Dislivello: 1070 m. Tempo totale: 4 h 30’. Sviluppo: 6,8 km.

Dopo i ritrovi a Domodossola ed a Masera ci incontriamo con le due forti badanti vigezzine per un caffè in quel di Druogno, mentre chi lavora anche per contribuire alle nostre pensioni prepara il mercato del giovedì. La giornata è splendida e molto fresca. Per essere riscaldati dal sole c’è ancora da aspettare. Con le quattro badanti e i due medici di turno ci sono oggi cinque anziani, due dei quali nati negli anni quaranta del secolo scorso. Saliamo in auto fino al piccolo parcheggio del paesino-gioiello di Sagrogno, 995. Considerando l’esposizione sud di tutto il percorso odierno, quindi l’assenza di tratti in ombra e la quasi totale assenza di neve fino a quota duemila su questo versante, alleggeriamo lo zaino lasciando in auto i ramponcini.

E non ce ne pentiremo perché oggi “non mollerà mai”. Alla destra delle case del paese (oriente) sale una pista, in alcuni tratti molto ripida, che ci fa subito capire a cosa stiamo andando incontro. E dire che due anni fa eravamo scesi proprio di qui ed avremmo dovuto ricordarcelo! La memoria fa brutti scherzi. Ad un bivio in corrispondenza di Pezzacce teniamo la destra e, quasi subito, imbocchiamo un sentiero che sale a sinistra nel bosco, in pratica una scorciatoia che taglia fuori l’Alpe Braghi. Più in alto guadiamo un torrentello e risaliamo sul sentiero principale M09.

Sempre “in presa diretta”, combattendo con il pendio ripido e con le subdole foglie di faggio, arriviamo all’Alpe Gora, 1468, in poco più di un’ora. Si fa colazione davanti ad una grande baita diroccata e si riparte su pendenze anche maggiori, ma con qualche larice che fa un po’ diradare le foglie di faggio. A quota 1700 circa usciamo dal bosco e cominciamo a vedere l’anticima dell’anticima della cima, 2026, che raggiungiamo dopo un’ora e un quarto. C’è da dire che questo terreno molto ripido rende sempre parecchio, in caso di sopravvivenza, e che amici ed amiche non mi hanno neanche dovuto aspettare troppo. Il panorama è veramente fantastico, dal Rosa ai Quattromila di Saas Fee e a quelli del Sempione, con contorno di Andolla, Leone e tanto altro. C’è qualche traccia di neve solo sull’ultimo strappo e sul filo di cresta che, dalla vetta, prosegue in morbidissima salita per circa duecento metri verso oriente.

Lo percorriamo, ormai in trance agonistica, torniamo poi verso la vetta e, in ordine sparso, pranziamo anche se è solo l’ora dell’aperitivo. Dopo la veloce pausa pranzo ridiscendiamo con calma e prudenza all’Alpe Gora in poco più di un’ora.

Breve pausa e ci portiamo al bivio di piste a Pezzacce. Qui, visto che è presto e ci riscalda ancora il sole, anziché scendere direttamente al parcheggio risaliamo a destra, sempre lungo una pista, per qualche decina di metri fino a quello che dovrebbe essere Arvino. Poco più avanti lasciamo la pista e scendiamo a sinistra, raccordandoci più in basso ad una bella mulattiera che ci riporta a Sacrogno (un’ora). Abbiamo allungato la gita di un quarto d’ora. Al bar di Druogno parliamo di meteo e della prossima gita.

Gianpaolo Fabbri

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