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Montecitorio panoramio

ROMA - 17-1-2025 -- Tutti gli articoli della nostra Costituzione possono essere modificati, abrogati o se ne possono aggiungere di nuovi. Lo prevede la stessa Costituzione all’art. 138. La sola cosa che non può essere cambiata è la forma repubblicana (art. 139).
La Camera dei deputati, nella seduta del 16 gennaio, ha approvato in prima lettura la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. Saranno necessarie altre tre approvazioni (due per ciascuna camera) perché la riforma possa essere eventualmente confermata o meno dal referendum costituzionale (non si procede a referendum costituzionale se in seconda lettura le camere approvano la riforma con due terzi dei componenti). Si procede a referendum costituzionale (se non vi è l’approvazione dei due terzi) se ne fanno richiesta, entro tre mesi dalla pubblicazione, un quinto dei componenti di una camera, cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.
Vediamo in sintesi in cosa consiste le proposta di riforma.
Attualmente vi è un solo Consiglio Superiore della magistratura. La proposta prevede invece che ve ne siano due: uno per i magistrati giudicanti e uno per i magistrati requirenti (i pubblici ministeri) entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica e di cui fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
La riforma prevede che gli altri componenti del CSM siano estratti a sorte, per un terzo, da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati con almeno quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e, per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previste dalla legge. Ciascun Consiglio elegge il proprio vice presidente fra i componenti designati mediante sorteggio dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune. I componenti designati mediante sorteggio durano in carica quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva. I componenti non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.
La riforma quindi taglia di netto la possibilità che siano i magistrati ad eleggere gli altri magistrati al CSM, mentre il sorteggio evita che le ‘correnti’ della magistratura possano decidere su carriere e promozioni dei loro colleghi (secondo quanto è accaduto fino ad ora soprattutto con la associazione nazionale magistrati).
Non solo. La riforma prevede l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare che giudica sulle eventuali mancanze dei magistrati (attualmente è il CSM a giudicare a livello disciplinare).
L’Alta Corte è composta da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità. L’Alta Corte elegge il Presidente tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o quelli estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune. I giudici dell’Alta Corte durano in carica quattro anni e l’incarico non può essere rinnovato.
La riforma non tocca minimamente l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati che è ribadita dal nuovo probabile art. 104 della Costituzione (La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente) che ricalca letteralmente l’attuale art. 104 con la sola aggiunta della distinzione tra giudicante e requirente.
L’associazione nazionale dei magistrati, però, è sul piede di guerra e ne comprendiamo i motivi. La riforma toglierebbe la possibilità che siano le ‘correnti’ a decidere chi candidare, chi eleggere, chi escludere, chi promuovere e chi trasferire. Se la riforma passasse, sarebbe sempre il CSM a decidere tutto questo per la loro categoria (giudicante o requirente), ma, in quanto estratti a sorte, i loro membri non dovranno ‘rendere conto’ a nessuna ‘corrente’ della magistratura.
Intanto si attendono sicuramente azioni eclatanti di protesta da parte dell’associazione nazionale magistrati o di qualche sua ‘corrente’ interna, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, fissato in Corte di cassazione il 24 gennaio 2025 con la presenza del Presidente della Repubblica e in tutte e 26 le Corti di Appello italiane il 25 gennaio.

Carlo Crapanzano

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